Venceslao, Napoli, Muzio, 1714 (Vincislao)

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Logge.
 
 ERNANDO e poi ERENICE
 
 ERNANDO
710Non molto andrà che d’Erenice in seno
 godrà l’amico; io ’l nodo
 strinsi, affrettai, cor ebbi a farlo; e ’l lodo?
 Lagrime, non uscite.
 ERENICE
 Ernando, a cercar vengo
715nel piacer de’ tuoi lumi
 una parte del mio.
 Io più volte riposi
 il mio cor nel tuo seno, io vel lasciai,
 perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
720Ripigliati, Erenice,
 ripigliati il tuo core,
 ch’ei mal soggiorna in compagnia del mio;
 e per solo conforto
 mi lasci nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
725Che? Un ingiusto divieto
 tanto rispetti? E tanto
 temi ne la mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
 Altro temo, Erenice; altro sospiro.
 ERENICE
730Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
 son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ancor ten prego! Aprimi il cor, favella.
 ERNANDO
 Sia l’ubbidirti, o bella,
735gran parte di discolpa al mio delitto.
 Parli il labro e ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gl’occhi miei che il cor t’adora.
 ERENICE
 Tu scherzi o sì amoroso
740a favor d’Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
 Chi può mirar quegli occhi e non amarli?
 T’amai dal primo istante in cui ti vidi;
 tel dissi ne l’estremo in cui ti perdo,
 quando al tuo cor nulla più manca e quando
745tutto, tutto dispera il cor d’Ernando.
 ERENICE
 Dov’è virtù, dov’è amistade in terra,
 se la tradisce Ernando?
 M’attendevi tu sposa
 per più offender l’amico?
750Per più macchiar... Ma dove,
 dove il furor mi spinge e mi trasporta?
 Non è capace Ernando
 di tal viltà. Dar fede
 deggio, più che al suo labro, al suo gran core;
755fuor che di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
 Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo
 ma da amico e da forte.
 Senza desio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
 E m’ami, alfin vuoi dirmi,
760ma col cor d’Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
 Sì sì, t’amo col suo, col mio t’adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa, io solo
 temo la mia innocenza.
765Voglio esser reo né posso.
 Deh! Più credi, Erenice,
 se ’l nieghi a le mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne. Ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
    Per saper s’io sono amante
770basta sol per breve instante
 i miei lumi rimirar.
 
    Coi lor guardi afflitti e mesti
 sapran questi
 la mia pena palesar.
 
 SCENA II
 
 ERENICE e poi CASIMIRO
 
 ERENICE
775S’è ver che m’ami Ernando,
 mia beltade, io compiango i tuoi trionfi.
 Fuor del mio sposo, ogn’altra
 tua vittoria detesto, ogn’altro onore;
 né ti chiedo trofei dopo il suo core.
 
780   Sì candida e sì bella
 non è la tortorella
 quanto di questo cor
 la fedeltà.
 
    Né mai fiamma rubella
785il chiaro suo candor
 macchiar potrà.
 
 CASIMIRO
 Felice incontro! Arresta,
 bella Erenice, il piede;
 quel che ti vedi innante,
790non è più Casimiro,
 quell’importuno e quel lascivo amante.
 Egli è il prence e l’erede
 del polonico scettro,
 tuo amator ma pudico e che destina
795te al suo regno e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come? Tu, Casimiro, erede e prence
 del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 de l’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
800Sì, principessa, a quella fiamma, ond’arsi,
 purgai quanto d’impuro avea ne l’alma.
 ERENICE
 Vane lusinghe! Io veggio
 ancora in te quell’amator lascivo,
 de l’onor mio nemico,
805non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
 S’errai, fu giovinezza e non disprezzo.
 ERENICE
 E s’io t’odio, è raggione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella il pentimento ogni gran colpa.
 ERENICE
 Macchia d’onor non mai si terge e spesso
810insidia è ’l pentimento.
 CASIMIRO
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, o Casimiro?
 CASIMIRO
                                                               E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Lasciami pur d’amar,
815che ad altri vo’ serbar
 l’alma e la fede.
 
    Non è per te il mio cor,
 sei troppo ingannator,
 no, non ti crede.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO e poi GILDO
 
 CASIMIRO
820Mie deluse speranze,
 non andrete impunite
 d’un tal rifiuto.
 GILDO
                               Appunto
 ch’io ti volea, t’ho giunto.
 CASIMIRO
 Che arrechi?
 GILDO
                           Adagio un poco,
825lasciami prender fiato,
 che caminato ho tanto
 in cercarti per tutto
 che addosso non mi trovo un pelo asciutto.
 CASIMIRO
 Che v’è di nuovo?
 GILDO
                                    Il foco
830che tu serbi nel seno
 per Erenice ammorza.
 CASIMIRO
 L’offerta d’un diadema,
 che li fece il mio amor, sprezza l’ingrata?
 GILDO
 La sprezza, signorsì,
835e sarà d’altro sposa in questo dì.
 CASIMIRO
 Come? Sposa Erenice? Oh dei! Ma dove?
 Quando? Con chi?
 GILDO
                                     Ne la ventura notte
 si stringe il nodo ma con chi non so.
 CASIMIRO
 Così vicina è ancor la mia sciagura?
840E certo ’l sai?
 GILDO
                            Poc’anzi
 da una sua damigella,
 con cui faccio l’amore,
 il tutto intesi.
 CASIMIRO
                            Ah! Troppo,
 troppo intendesti.
 GILDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
845È tempo, sì, di vendicarmi, iniqua!
 Ma nel rival superbo
 ti punirò.
 GILDO
                     Vedi, signor...
 CASIMIRO
                                                 Non più,
 parto col mio furor. Tu taci il tutto.
 GILDO
 Non parlerò. (Straggi prevedo e lutto).
 CASIMIRO
 
850   D’ire armato il braccio forte
 d’ogn’intorno straggi e morte
 implacabil spargerà.
 
    Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
855di cader la gloria avrà.
 
 SCENA IV
 
 Steccato con trono.
 
 LUCINDA con seguito
 
 LUCINDA
 Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 da l’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
860se mai su l’are vostre
 vittime elette io fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi e in questa
865fatal temuta arena
 finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA V
 
 VINCISLAO con seguito e detti
 
 VINCISLAO
 Impazienza e sdegno
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi
870a chi cerca vendetta ore di pena.
 VINCISLAO
 Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’ire al dì venturo e l’armi.
 LUCINDA
 Tanto rimane, o sire,
 di giorno ancor che ne avrà fin la pugna.
875Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo; ed or paventi?
 VINCISLAO
 Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
880l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA VI
 
 CASIMIRO con seguito e detti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza
 affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’ardire in alma impura. (Vincislao va a sedere in trono)
 O tu, che ancor non veggio
885qual ti debba chiamar, nemico o amico,
 possibil fia ch’espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
 Dimmi, di’, Casimiro. Ignoto il volto
890t’è di Lucinda e ’l nome?
 Fede non le giurasti? (Casimiro non la guarda)
 Amor non promettesti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorni
 la perduta raggion. Già per mia bocca
895l’amorosa Lucinda or sì ti dice.
 
    Cara parte di quest’alma,
 torna, torna a consolarmi.
 Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              All’armi, all’armi. (Cava la spada)
 
 LUCINDA
 
    Traditore, più che amore
900brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 All’armi, all’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque all’armi, spergiuro. (Dà di mano alla spada)
 Seguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                       Sei tu quel forte
 campion che a darmi morte
905sin dal ciel lituan teco traesti?
 LUCINDA
 Io quegli sono e meco
 ho la raggion de l’armi,
 meco i numi traditi,
 la fede vilipesa, i tuoi spergiuri.
910Su, stringi il ferro e temi
 le piaghe che ricevi
 ma più quelle che fai. Più del tuo sangue,
 temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
915Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, all’armi.
 Ben saprà questo acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?) (In atto di partire, Lucinda lo trattiene)
 LUCINDA
920No no, da questo luogo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre a l’occaso il sole
 e in braccio ad Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
 Che fai? Che miri? Omai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
925Pugnisi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti e pugna or voglio.
 Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
 (Tolgasi questo inciampo a l’amor mio). (Segue il combattimento in cui Casimiro guadagna a Lucinda la spada)
 Sei vinto ed è il tuo torto
930chiaro agl’occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vil, ma generoso e forte
 ne le perdite mie restami il core.
 Forse de’ tuoi trionfi
 non godrai lungamente, o traditore.
935Tutte armate a tuo danno
 le lituane spade empier di stragi
 questa reggia sapranno;
 e tu, principe indegno,
 piangerai la tua sorte
940senza onor, senza fede e senza regno.
 VINCISLAO
 Sì temerario!
 CASIMIRO
                            Ascolta
 quanto audace è costui.
 LUCINDA
 Di temerario a torto
 mi tacci, o re; la mia ragione, il giusto
945parlan su questo labro e, se tu nieghi
 di vendicarmi, io stessa
 farò le mie vendette. Ho avvezza anch’io
 la fronte a la corona, il piede al trono,
 so punir, so regnar, Lucinda io sono.
 VINCISLAO
950Lucinda? (Scendendo dal trono)
 CASIMIRO
                      Eh! Padre, un mentitore è desso,
 mentì già il grado ed or mentisce il sesso.
 Questa non è Lucinda, in tali spoglie
 non si ascondon regine.
 Non sei Lucinda, no, confuso e vinto,
955pien di scorno e di duolo
 rimanti. (Il padre viene, a lui m’involo). (Parte)
 
 SCENA VII
 
 VINCISLAO e LUCINDA
 
 VINCISLAO
 (Fugge la mia presenza
 il colpevole figlio).
 Col tacermi il tuo grado e la tua sorte
960mi offendesti, o regina.
 LUCINDA
                                             A te poc’anzi,
 sire, parlò Lucinda, augusta erede
 di più troni e più regni;
 né dovevan di lei
 e del suo grado esser gli accenti indegni.
965Or taccia il regio labro e parli solo
 per implorar giustizia o almen pietade
 di Lucinda infelice il pianto e ’l duolo.
 VINCISLAO
 Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
970sul cor del figlio a tuo favore impegno.
 Ne la raggion confida,
 ne l’amor nostro e rasserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 LUCINDA
 Men da la tua virtude, alto regnante,
975attender non potea Lucinda amante.
 
    Son regina e son tradita,
 il mio onore e la mia vita
 tu difendi, o giusto re.
 
    Nel tuo figlio è la mia sorte
980o il crudel mi dia la morte
 o in amor mi serbi fé.
 
 SCENA VIII
 
 VINCISLAO
 
 VINCISLAO
 Sensi d’un re, non vi perverta amore
 d’un colpevole figlio
 che, se tolse l’onore
985a vergine reale,
 ogni pietà da me vada in oblio
 e con la destra emendi il giuramento
 o paghi il sangue suo del fallo il fio.
 
    Spesso vola un basso affetto
990a oscurar d’un regge il petto;
 però Astrea, ch’è assisa in trono,
 dileguando l’ombre va.
 
    E quel sangue ancor fumante,
 ch’è a la destra d’un regnante,
995se talor niega perdono,
 par rigore ed è pietà.
 
 SCENA IX
 
 GILDO e poi GERILDA
 
 GILDO
 Insomma queste donne
 son donne grandi allor che non han gonne.
 Fan da brave, da fiere e impertinenti,
1000vonno ammazzar le genti;
 però la lor braura
 sol poco tempo dura,
 poiché alle sette o all’otto
 sono costrette poi d’andar di sotto.
1005Così è stato in Lucinda nel pugnare,
 così sarà in Gerilda a lungo andare.
 GERILDA
 Cosa sarà in Gerilda a lungo andare?
 GILDO
 Dico che a lungo andare
 ti renderai capace
1010e fra di noi godremo eterna pace.
 GERILDA
 O bene o mal che tu ti porterai,
 pietosa o cruda ancor mi troverai;
 perciò se amar mi vuoi
 unisci ai miei voleri ancora i tuoi.
1015Hai dunque da saper...
 GILDO
                                             Dimmi per ora,
 è assai lungo il discorso?
 GERILDA
 Sarà d’una mezz’ora.
 GILDO
 Oh! Adesso non lo fare
 ma fallo un’altra volta,
1020che in corte io devo andare,
 che già tramonta il sol.
 GERILDA
                                            Ascolta, ascolta.
 GILDO
 Tu m’affliggi e consumi,
 lascia, lasciami andare.
 GERILDA
 E cos’hai tu da fare?
 GILDO
1025Andare in corte e accendere li lumi.
 GERILDA
 I lumi? No, che molto è presto ancora,
 ci è tempo un quarto d’ora;
 ma qualch’altro raggiro
 ti va per il cervello.
 GERILDA
1030Mia Gerilda, bel bello,
 non far questo giudizio temerario,
 che fanno i tuoi pensieri un gran divario.
 GERILDA
 No, certo non m’inganno questa volta.
 GILDO
 T’inganni certo. Addio, men vado.
 GERILDA
                                                                Ascolta.
 
1035   Questa è l’ora che corre ogni bello
 intorno le mura
 di chi l’innamora
 e se alcuno lo guarda, bel bello,
 fa sott’occhio un ghignetto, un saluto;
1040ma se poi da nessuno è veduto,
 si fa sotto e con mezze parole
 gli dice: «Mio sole,
 io moro per te».
 
    V’è alcun altro che fa lo sdegnato,
1045passando infuriato
 nemmeno la mira.
 Poi per strada si pente e sospira
 e, fingendo sentirsi chiamare,
 si volge a mirare
1050quella bella e vorria che amorosa
 dicesse affannosa:
 «Non mi guardi! Crudele, e perché?»
 
 GILDO
 Quanto, quanto t’inganni,
 che tutti i miei pensieri
1055sai chi son? Le candele e i candelieri.
 GERILDA
 Va’ dunque, va’; non voglio più fermarti.
 GILDO
 Non vorrei disgustarti.
 GERILDA
 So che Gerilda non ti sta più in mente.
 GILDO
 Sempre mi sei presente.
 GERILDA
1060Bugiardo! Mensogniero!
 Gerilda ho nominato
 né pur ti sei inchinato.
 GILDO
 (Il malan che mi dia). È vero, è vero. (La saluta)
 GERILDA
 Va’ a far ciò che ti pare.
 GILDO
1065Non ti vorrei, ben mio, no, disgustare.
 GERILDA
 
    Vanne pur...
 
 GILDO
 
                             Men vado via;
 ma tu ancora, anima mia,
 puoi venir con me.
 
 GERILDA
 
                                     Con te?
 Perché mai? Dimmi, perché?
 
 GILDO
 
1070   Perché al lume de’ tuoi lumi
 voglio accender le candele.
 
 GERILDA
 
 No.
 
 GILDO
 
           Crudele! Ed io ti giuro
 che il padron starà allo scuro,
 se non vieni tu con me.
 
 GERILDA
 
1075   Stia allo scuro il tuo padrone,
 non mi reca sugezione
 né in me fuoco v’è per te.
 
 GILDO
 
    Questa è troppa ostinazione.
 
 GERILDA
 
 Va’, t’aspetta il tuo padrone.
 
 GILDO
 
1080Hai li spirti troppo fieri.
 
 GERILDA
 
 Va’ a trovar i candelieri.
 
 GILDO
 
 Troppo sprezzi chi è fedele.
 
 GERILDA
 
 Va’ ed accendi le candele.
 
 GILDO
 
 Nol so far senza di te.
 
 GERILDA
 
1085Nol farai giammai con me. (Partono da diverse parti)
 
 SCENA X
 
 Stanza di Casimiro con tavolino e sedia. Notte.
 
 VINCISLAO e poi GILDO
 
 VINCISLAO
 
    Deh mi lascia tormento penoso
 che il riposo
 vai togliendo da questo mio sen.
 
 Qual timore importuno
1090con larve di martiri
 mi rende in seno palpitante il core;
 e con fiero dolore,
 togliendomi dal sen la cara calma,
 spasimi ed agonie dispensa a l’alma!
 GILDO
1095Più che avanza la notte, (Con i lumi in mano che li posa sopra il tavolino)
 più temo che il padrone,
 che tutto furioso,
 torbido e minaccioso
 da me partì, non faccia la frittata,
1100onde in questo periglio...
 VINCISLAO
 Gildo, dov’è il mio figlio?
 GILDO
                                                 Io qui l’attendo.
 VINCISLAO
 Oh dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando io temo.
 GILDO
 Venir nol veggio ancora.
 VINCISLAO
1105Gildo, chiamisi tosto il duce Ernando.
 GILDO
 A lui vado veloce.
 (Temo anch’io l’ire d’un amor feroce). (Parte)
 
 SCENA XI
 
 VINCISLAO e poi CASIMIRO con stile insanguinato in mano
 
 VINCISLAO
 E pur cresce nel seno (Siede vicino a un tavolino)
 e l’affanno e ’l timor; qual notte è questa
1110in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
 Cor di re, cor di padre,
 quale acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa ne le vene il sangue?
 Il supplizio de’ rei
1115prova quest’alma; e in che v’offesi, oh dei? (Appoggiandosi al tavolino si cuopre gl’occhi con la mano. Entra Casimiro con stile insanguinato)
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta
 già la vittima cadé. (Casimiro volendo porre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gl’occhi vede il figlio)
 
 VINCISLAO
 Sparite, oh de la mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... (Oh stelle!)
 VINCISLAO
1120Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
 mediti e qual facesti?
 Che orror, che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ah! Che dirò?)
 VINCISLAO
                                                                 Rispondi.
 CASIMIRO
1125Signor...
 VINCISLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... L’amore...
 Lo sdegno... (Una ne l’altra
 mancan le voci; attonito rispondo).
 Nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VINCISLAO
1130Gran timido è un gran reo.
 Errasti, o figlio, e gravemente errasti.
 Ragion mi rendi or di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                  Questo...
 prepara pur contro il mio sen, prepara
 le più atroci vendette,
1135questo (il dirò) del mio rivale è sangue;
 sangue è d’Ernando.
 VENCESLAO
                                        Oh dei!
 Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida.
 VINCISLAO
 Perfido! Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                                    E ragion n’ebbi.
 VINCISLAO
1140Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA XII
 
 ERNANDO e detti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni
 qui pronto...
 VINCISLAO
                          Ernando vive? Ernando, amico.
 CASIMIRO
 (Vive il rival? Voi m’ingannaste, o lumi,
1145o tu man mi tradisti?)
 VINCISLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  Io son confuso.
 VINCISLAO
                                                               Ah, duce,
 io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
1150ma per versarlo in tuo serviggio, o sire,
 così Ernando, così dee sol morire.
 VINCISLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             Oh ferro, (Tra sé)
 in qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai? Cieli perversi!
 
 SCENA XIII
 
 ERENICE e detti
 
 ERENICE
1155Signor, che il tuo potere (S’ingenocchia a’ piedi di Vincislao)
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor de le leggi,
 scudo de l’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
1160principessa dolente,
 chiedo la mia vendetta,
 chiedo la tua, lagrime chiedo e sangue;
 ti vo’ giudice e padre. Ah! Rendi al mondo
 a pro del giusto ed a terror de l’empio
1165di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VINCISLAO
 Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che il tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
 Qual io sia ben t’è noto.
 VINCISLAO
                                              A’ tuo’ grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
1170Senza offenderti, o sire,
 amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VINCISLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
 Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar; ma il foco
1175fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro;
 piacque ’l pudico amante, odiai l’impuro.
 Amor, che strinse i cori,
 strinse le destre e fu segreto il nodo
1180per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 (Mio rivale il germano?)
 ERENICE
 In questa notte appunto
 a me recar consorte il primo amplesso
 egli dovea; l’ora vicina e d’ombre
1185sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, sulle mie soglie e quasi
 sugli occhi miei trafitto... Aimè!... Perdona
 la libertà del pianto...
 Freddo, esanime, esangue,
1190versò da più ferite e l’alma e ’l sangue.
 VINCISLAO
 Come? Morto Alessandro?
 ERNANDO
 Misero prence!
 CASIMIRO
                               (Oh cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?)
 ERENICE
 Sì, morto è l’infelice; e tosto ch’io
1195ti miri vendicata,
 ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VINCISLAO
 S’agita al tribunal de la vendetta
 la mia, non la tua causa.
 Erenice, ov’è il reo?
 ERENICE
                                       Quando tu ’l sappia,
1200avrai cor di punirlo?
 VINCISLAO
 Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà. Già data,
 data ho l’inesorabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
1205Non tel dica Erenice, il cor tel dica,
 tel dica il guardo. Hai l’uccisor presente.
 Quell’orror, quel pallore, (Additando Casimiro che sta confuso)
 quegli occhi a terra fisi,
 il silenzio del labro e più di tutto
1210quel ferro ancor fumante
 de la stragge fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VINCISLAO
 Già cedo al nuovo affanno.
 CASIMIRO
 (O destra! O ferro!) (Si lascia cader lo stile dalla mano)
 ERNANDO
                                        (Miserabil padre!)
 ERENICE
1215Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
 degno di lui. Se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a votar ch’hai ne le vene.
 L’uccisor d’un fratello
1220esserlo può d’un padre.
 Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me; ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
1225numi del cielo, a voi la chiedo, a voi.
 VINCISLAO
 Parla! Le tue discolpe
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è il cor, fosse innocente il braccio.
1230Son reo, son fratricida;
 non ho discolpe, il mio supplicio è giusto,
 io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VINCISLAO
1235Va’, principessa, ed a me lascia il peso
 de la commun vendetta.
 ERENICE
 Destra real, ti bacio
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta.
 
    Col piacer di vendicarmi,
1240cara spene a consolarmi
 per te riede nel mio cor;
 
    (ma saprò, già vendicata,
 poi seguirti, ombra adorata,
 tutta fede e tutt’amor).
 
 SCENA XIV
 
 VINCISLAO, CASIMIRO, ERNANDO e poi GILDO
 
 VINCISLAO
1245Reo convinto, la spada
 deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada?
 VINCISLAO
                      Sì, la spada.
 CASIMIRO
 Eccola, o re; già il core
 dispongo a sofferir mali più atroci.
 ERNANDO
1250(Qual raggio a noi volgeste, astri feroci!)
 VINCISLAO
 Gildo.
 GILDO
               Sono a’ tuoi cenni.
 VINCISLAO
 Custodirai ne la vicina torre
 prigione il prence.
 GILDO
                                     Eseguirò fedele.
 VINCISLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
1255or che deggio lasciarti,
 già sento in me la tua fierezza.
 VINCISLAO
                                                          Parti.
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re;
 volea dir mio genitor;
 
1260   ma poi tacqui il dolce nome
 che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor. (Parte seguitato da Gildo)
 
 SCENA XV
 
 VINCISLAO, ERNANDO e dopo LUCINDA da donna
 
 VINCISLAO
 Non son più padre, Ernando, un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
1265Casimiro ancor vive.
 VINCISLAO
 Chi è vicino a morir, già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re ben può salvare un figlio.
 VINCISLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VINCISLAO
                                                      Io nol condanno,
1270il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VINCISLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VINCISLAO
                                E se nol vibro, il cielo. (Lucinda sopragiunge)
 Morirà Casimiro.
 LUCINDA
                                   (Oh dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VINCISLAO
1275(Lungi, o teneri affetti).
 Tu va’ mio nunzio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XVI
 
 LUCINDA, VINCISLAO e ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re, di Casimiro il capo
1280con l’amor mio da le tue leggi esento.
 È re di Lituania,
 tal lo dichiaro e come re né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudizio, a le leggi;
1285rispetta il grado e il tuo rigor correggi.
 VINCISLAO
 Regina, in far la colpa
 re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio,
 tal lo condanno. Il grado, a cui l’inalzi,
1290lo trova reo, lo trova
 vittima del suo fallo,
 suddito de le leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro,
1295Vincislao vive e tu perdesti il padre.
 Più misera Lucinda,
 muore il tuo sposo e ’l tuo dolor pur vive.
 Questa, o regnante, questa è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
1300Casimiro mi rendi?
 Oh dal figlio, oh dal padre,
 oh due volte ingannata alma infelice!
 VINCISLAO
 (De la real promessa
 or mi sovvien. Ch’ella s’adempia è giusto;
1305ma la giustizia offesa? E la mia fede?
 Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                (Oh dei! Che pensa?)
 VINCISLAO
 (Ma s’ei muore, a Lucinda
 le mie promesse come
 serbar potrò?)
 LUCINDA
                              Spenta è per me pietade.
 VINCISLAO
1310Regina, il pianto affrena. A la promessa,
 a l’onor tuo sodisferassi... Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VINCISLAO
             Dal duro uffizio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 Mio cor, respira.
 VINCISLAO
                                 Andiamo;
1315al colpevole figlio
 rechiamo gl’imenei.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VINCISLAO
                                   Eh, non temer, regina,
 sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
1320Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 VINCISLAO
 Ma prepara il tuo core ardito e forte
 a’ nuovi assalti di variabil sorte.
 
 SCENA XVII
 
 LUCINDA ed ERNANDO
 
 LUCINDA
 Di così oscuri accenti
 i sensi non comprendo.
 ERNANDO
                                             Ah no, regina,
1325non temer; dei diademi
 sempre nel suo dover salda è la fé.
 LUCINDA
 Ma temo ancor.
 ERNANDO
                                D’un padre?
 Fantasmi di dolori
 non ti turbin le gioie; ecco vicine
1330di Talassio le faci
 che d’imeneo fan strepitar le tede.
 Godrai, Lucinda.
 LUCINDA
                                  E pure il cor nol crede.
 ERNANDO
 Così del mio Cupido
 s’avvivasse la vampa
1335nel sen de l’implacabile Erenice.
 LUCINDA
 Godrai tu ancora.
 ERNANDO
                                   E pure il cor nol dice.
 
    Vorrei sperar ma il core,
 che oppresso è dal dolore,
 sperar non sa, non può.
 
1340   E mentre il labro dice:
 «Mio cor, sarai felice»,
 il cor si stempra in lacrime
 e gli risponde: «No».
 
 SCENA XVIII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Speranza lusinghiera
1345che degl’amanti sei dolce conforto,
 spira un’aura leggiera
 che mi conduca dei contenti al porto.
 A te, mio Casimiro,
 che tant’amo e sospiro, a te vengh’io,
1350mia speme, mio piacere e mio desio.
 
    Mi alletta e mi strugge
 speranza tiranna,
 mi piace e mi affanna
 bellezza e rigor.
 
1355   E mentre nel petto
 ho pena e diletto,
 la gioia sen fugge,
 vi resta il dolor.
 
 SCENA XIX
 
 GERILDA nel suo abito da donna e poi GILDO
 
 GERILDA
 Lodato il ciel! Con queste vesti addosso
1360parmi d’esser un’altra.
 Ora muover mi posso,
 parmi d’esser più scaltra,
 camino assai più lesta,
 infine, infin mi piace più la vesta.
1365Ma Gildo?... Oh bene, oh bene!
 Gildo ora qua sen viene. (Vedendolo venire)
 Vo’ restare allo scuro
 e scoprirò s’egli mi sia spergiuro. (Spegne li lumi che stanno sopra il tavolino e siede sopra la sedia)
 GILDO
 Son io? O non son io?
1370Mi parve da lontano
 veder lume...
 GERILDA
                           Ah inumano! (Fingendo la voce)
 GILDO
 Saldo, saldo cor mio,
 che voce mai sentisti?
 GERILDA
 Perché mai mi feristi?
 GILDO
1375Aimè! Che questa è l’anima
 dell’ucciso Alessandro;
 meglio è partir...
 GERILDA
                                  Ah Gildo!
 GILDO
 Buona memoria! Oh come
 morto ancor si rammenta il mio bel nome!
 GERILDA
1380Vieni, ch’io sono Elisa
 che qui son stata uccisa.
 GILDO
 Elisa? Oimè! Chi è stato (Gli s’accosta)
 che t’ha così trattato?
 GERILDA
 Non so. Un certo giovin forastiero
1385che con braccio severo
 ferendo disse: «Per la destra mia
 questo colpo Gerilda a te l’invia».
 GILDO
 Ah Gerilda crudele,
 figlia d’una montagna!
1390Ma la ferita ov’è?
 GERILDA
                                   In mezzo al petto.
 GILDO
 Vien fuori sangue?
 GERILDA
                                      Tutta, oimè! mi bagna.
 GILDO
 To’, prendi il fazzoletto. (Gli dà il fazzoletto)
 La piaga è assai profonda?
 GERILDA
 Credo che per lo fianco ancor risponda.
 GILDO
1395Oh me infelice!
 GERILDA
                                Oh dio!
 GILDO
 Animo su, cor mio.
 GERILDA
 Vanne a prender un lume.
 GILDO
 Vado, ben mio; ma non morire, aspetta.
 GERILDA
 Vanne pure.
 GILDO
                          Oh Gerilda maledetta!
1400Aimè! (Va per partire e batte in un muro)
 GERILDA
                Che cosa è stato?
 GILDO
 Niente, niente; un pilastro m’ha bagiato. (Parte)
 GERILDA
 Gliel’ho fatta pulita
 e già mi son chiarita
 che ancora per Elisa ei sente amore.
1405Non saprà il traditore
 più raggiri portarmi
 e di sua infedeltà vuo’ vendicarmi. (Si cuopre il viso con il fazzoletto)
 GILDO
 Eccomi qua col lume, (Con un candeliero in mano)
 mio bellissimo nume.
1410Mostrami la ferita,
 cara, dolce mia vita;
 scuopriti il volto, Elisa, anima mia.
 GERILDA
 Il malan che ti dia. (Si scopre il volto e Gildo resta immobile con il lume in mano guardandola)
 Vedi chi Elisa io sono?
1415Son Gerilda crudele,
 figlia d’una montagna,
 Gerilda maledetta;
 non sono il tuo bel nume,
 cara, dolce tua vita,
1420non son l’anima tua, non sono Elisa.
 (Ho rabbia e pur non so tener le risa).
 Non parli? Cos’è stato?
 Vuoi veder la ferita?
 Vuoi saper s’è profonda?
1425Se versa sangue? Vuoi ch’io scopra il volto?
 Guarda, osserva crudel. (Pur ce l’ho colto).
 GILDO
 (Qui ripiego ci vuol, mi fingo stolto).
 Giove, non pensar già (A Gerilda)
 ch’io sia venuto qua,
1430che dai fulmini tuoi voglia splendore.
 GERILDA
 (Che favellar?)
 GILDO
                               Amore
 io sono e questa face
 illumina e disface ogni palazzo.
 Intendi? Intendi ancora?
 GERILDA
                                                 (Al certo è pazzo).
1435Dunque tu sei...
 GILDO
                                Sette. (Posa il candeliero in terra)
 GERILDA
 No no, non vo’ giocar; dico che tutte...
 GILDO
 Otto.
 GERILDA
             Non gioco, no; sentimi due...
 GILDO
 Quattro. Venga da ber, ch’ho guadagnato.
 GERILDA
 (Al certo è stralunato).
 GILDO
1440Paga.
 GERILDA
              Denar non ho.
 Vieni pur meco ch’io ti pagherò.
 GILDO
 
    Vengo bel bello.
 
 GERILDA
 
 (Non ha cervello).
 
 GILDO
 
 Vengo pian piano.
 
 GERILDA
 
1445Camina insano.
 
 GILDO
 
    Ma il dio d’amore
 quando è d’umore
 ballando va.
 
 GERILDA
 
    Se tu non badi,
1450certo che cadi,
 la mano qua. (Appoggiandolo)
 
    Povero Gildo!
 
 GILDO
 
 Gildo dov’è?
 Oh! Sta là in terra. (Guardando il candeliero ch’è in terra)
1455Andiamo, andiamo
 e lo preghiamo
 con parlar tosco
 che venga nosco.
 
 GERILDA
 
 Andiamo pure.
1460(Che gran pazienza!) (Intorno al candeliere che poi l’alzano)
 
 A DUE
 
    Lei mi perdoni,
 caro signore,
 faccia favore,
 con me verrà.
 
 Fine dell’atto secondo